Marianna, fu sardista fin dalla primissima infanzia.
In una lettera destinata all’avvocato Titino Melis dice: il mio sardismo data da prima che il del Partito Sardo d’Azione sorgesse, cioè da quando, sui banchi delle scuole elementari,
mi chiedevo umiliata perché nella storia d’Italia non si parlasse mai della Sardegna. Giunsi, che la Sardegna non era Italia e doveva avere una storia a parte.
Marianna, seguì attimo per attimo tutte le vicende politiche, gli sviluppi, le vittorie e le sconfitte che si susseguirono .
Lottò per l’autonomia e l’indipendenza della Sardegna, perché convinta che "l’indipendenza" fosse il primo dei diritti di un popolo.
Insisteva su un’idea di nazione che non si basasse sull’egoismo, sull’assenza del senso del dovere e sulla mancanza dello spirito di sacrificio. Assenza di spirito di sacrificio che Marianna associava all’assenza di religiosità, per avere alla base una concezione materialistica che mirava soltanto al "vantaggio e all’interesse materiale".
Osservava inoltre come i feudatari francesi, polacchi e sardi si basassero sull’esclusivo interesse materiale e fossero giunti a rinnegare la loro Patria di cui si consideravano i "primati", i diretti rappresentanti, giungendo a rovinarsi anche nei loro interessi perché "La sorte dell’aristocrazia d’un popolo schiavo è peggiore spesso di quella del proletariato d’un popolo libero".